E’ la nuova microchirurgia per il trattamento del linfedema, che si può sviluppare:
– al braccio dopo mastectomia e linfoadenectomia
– all’arto inferiore dopo l’asportazione di tumori ginecologici e dei linfonodi
E’ la nuova microchirurgia per il trattamento del linfedema, che si può sviluppare:
– al braccio dopo mastectomia e linfoadenectomia
– all’arto inferiore dopo l’asportazione di tumori ginecologici e dei linfonodi
Il linfedema è una condizione di “gonfiore” anormale che generalmente si osserva a livello delle braccia o delle gambe. Questo “gonfiore” è causato dall’accumulo di liquido linfatico nel tessuto sottocutaneo. Con il tempo questo gonfiore aumenta, e può causare un indurimento di tutto l’arto interessato e ripetute infezioni che aggravano il linfedema stesso.
Il linfedema può essere di tipo “primario”, dovuto a malformazione dei vasi del sistema linfatico, oppure “secondario”, più frequente, che è dovuto ad un evento esterno che altera la normale funzione del sistema linfatico. La chirurgia oncologica è la causa più frequente di linfedemi secondari.
Infatti, il linfedema si può osservare nelle donne sottoposte ai trattamenti chirurgici (asportazione del tumore e dei linfonodi) e/o radioterapia per il tumore della mammella. In questo caso la paziente può presentare dopo 1-2 anni dalla terapia chirurgica/radiante, un “gonfiore” al braccio dello stesso lato della mammella operata per tumore.
Il linfedema si può osservare anche nelle donne sottoposte a trattamento chirurgico e/o radioterapia per tumori ginecologici, quali tumori della vulva, della cervice, dell’utero e dell’ovaio, con frequenza simile a quella riportata per il tumore della mammella. In questo caso, la donna solitamente lamenta un “gonfiore” agli arti inferiori.
Altre cause di linfedema secondario a trattamenti oncologici sono rappresentate dal linfedema agli arti inferiori per trattamento di tumori a carico dell’apparato riproduttore dell’uomo, melanoma degli arti e sarcomi.
Assolutamente no. In Italia si registrano circa 40.000 nuovi casi all’anno di linfedema.
Tra il 5 al 41% delle donne con tumore della mammella sviluppano linfedema dopo chirurgia oncologica.
Dal 2.4 al 41% delle donne con tumore della cervice, dell’utero e dell’ovaio e tra il 25 e il 67% delle donne con tumore della vulva sviluppano linfedema dopo chirurgia oncologica.
Spesso i pazienti con il linfedema vengono istruiti al fatto che il linfedema è una condizione “possibile” dopo la chirurgia oncologica, con cui devono “imparare a convivere” in quanto non esistono metodi curativi ma solo trattamenti che alleviano i sintomi, come la fisioterapia.
Ma il linfedema è una vera e propria patologia poiché:
– riduce la funzionalità dell’arto interessato;
– può associarsi a dolore, ad infezioni ricorrenti, ad alterazioni cutanee;
– può rendere molto difficile la vita sociale e di relazione, impattando sulla qualità di vita;
– riduce l’autostima e può portare depressione.
Siccome questa condizione patologica viene spesso sottovalutata, le donne arrivano spesso alla diagnosi di linfedema quando il “gonfiore” è già stabile da tempo.
Purtroppo non sensibilizzare la paziente alla possibile insorgenza del linfedema e non trattarlo in modo tempestivo ed appropriato significa:
– consentire la progressione del linfedema. Il linfedema è una malattia cronica autoalimentantesi, cioè più passa il tempo, più tende a peggiorare in quando l’accumulo cronico di linfa aumenta la fibrosi e la distruzione delle poche strutture linfatiche che compensano la malattia. Inoltre l’accumulo cronico di linfa e la fibrosi aumentano il rischio di sviluppare infezioni. L’infezione, anche se trattata con successo, a sua volta stimola la fibrosi, contribuendo a peggiorare il quadro clinico-funzionale. Infine, tutto ciò ha un impatto economico importante sia sulla paziente che sulla spesa del sistema sanitario e sul costo sociale.
– ridurre le possibilità di cura. Le possibilità di successo della microchirurgia aumentano quanto più precoce è lo stadio della malattia.
Fino ad oggi, il linfedema è stata considerata una malattia NON curabile ma solo trattabile da un punto di vista sintomatico utilizzando la terapia fisica combinata. Questa terapia, che va effettuata da personale esperto, prevede un impegno a vita da parte del paziente il quale, oltre alla fisioterapia decongestionante, dovrà indossare indumenti elastocompressivi ed attenersi scrupolosamente e quotidianamente a delle “regole” per evitare la progressione della malattia e le possibili infezioni.
Questa terapia resta un indispensabile aiuto per ogni paziente, e va oggi combinata alla nuova microchirurgia del Linfedema per aiutare la paziente in un percorso integrato chirurgico e fisico.
Di recente sono state introdotte alcune tecniche di supermicrochirurgia per la cura del linfedema, quali:
– le anastomosi linfatico-venose (LVA). L’intervento consiste nel collegare dei vasi linfatici a delle vene superficiali (subito sotto la pelle) di dimensioni di circa 0.5 millimetri allo scopo di “scaricare” i vasi linfatici che risultano ostruiti. L’intervento si effettua con l’utilizzo del microscopio intraoperatorio e con tecniche di supermicrochirurgia attraverso piccole incisioni sul braccio o sulla gamba interessata.
L’intervento è considerato minimamente invasivo in quanto:
– viene effettuano in “superficie” (sotto pelle) attraverso 3-4 incisioni cutanee di 2-3 cm di lunghezza;
– si può effettuare in anestesia locale con sedazione;
– non ci sono complicanze di particolare rilievo.
– trapianto di linfonodi.
’intervento consiste nel prelevare alcuni linfonodi con i loro vasi nutrienti da una zona del corpo (es. inguine, collo, ascella) per trasferirli a livello dell’arto che è interessato dal linfedema, ricollegando i vasi dei linfonodi a dei piccoli vasi locali con l’utilizzo del microscopio.
L’obiettivo dell’intervento è riportare dei linfonodi nell’arto che ne è stato privato dopo la chirurgia oncologica per migliorare il drenaggio linfatico.
La sede di prelievo dei linfonodi viene studiata preoperatoriamente anche utilizzando la linfoscintigrafia (metodica del “reverse mapping”), per selezionare quei linfonodi il cui prelievo non disturbi il normale drenaggio linfatico di quella zona.
Questo intervento, in particolare, può essere effettuato contestualmente alla ricostruzione microchirurgica della mammella con lembo addominale (lembo DIEP), poiché si può prelevare contemporaneamente sia il tessuto cutaneo-adiposo addominale per la ricostruzione del volume mammario, che il tessuto linfonodale dalla regione inguinale sottostante, che può essere trasferito all’ascella ove hanno asportato i linfonodi, nella stessa seduta operatoria in cui si effettua il trasferimento microchirurgico dell’addome (cosiddetto linfoDIEP).
Gli interventi di microchirurgia consentono un miglioramento del linfedema di entità variabile nelle diverse pazienti, in funzione del grado di linfedema al momento della diagnosi e delle condizioni dei linfatici nel singolo caso. In particolare, il trattamento microchirurgico del linfedema ha come obiettivo principale il controllo della malattia, per evitare che questa possa progredire provocando il peggioramento delle condizioni cliniche della paziente, e l’aggravarsi delle limitazioni di cui la paziente già soffre.